l-inc

L’inclusione sociale delle persone con disabilità: il budget di salute come strumento per favorire il diritto alla vita indipendente.

Questo è il logo dell'università statale di Milano

Questo è il titolo in comunicazione aumentativa e alternativa

A cura di Giuseppe Arconzo e Giada Ragone
Dipartimento Diritto pubblico italiano e sovranazionale
Università degli Studi di Milano

_______________________

Le persone con disabilità hanno diritto ad avere una vita indipendente.

La Convenzione Onu sui diritti delle persone con Disabilità dice che avere una vita indipendente
migliora l’inclusione sociale delle persone con disabilità.

L’Università statale di Milano
ha fatto una ricerca sul primo anno del progetto L-inc.

La ricerca dice che il progetto L-inc
sta sperimentando il budget di salute
per migliorare la vita delle persone con disabilità

Il budget di salute è l’insieme di tutti i sostegni
che servono alle persone con disabilità
per migliorare la qualità della loro vita.

Il budget di salute permette alle persone con disabilità di avere un progetto di vita che parta dai loro desideri e dalle loro aspettative
e di avere aiuti pubblici e privati
per realizzare questo progetto.

_________________________

1. Come noto, nel marzo del 2009, l’Italia ha ratificato 1 la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, adottata dall’Assemblea Generale dell’ONU il 13 dicembre 2006. Tra i diritti sanciti dalla “Convenzione” troviamo, all’art. 19, il diritto alla vita indipendente inteso, tra l’altro, come il diritto delle persone con disabilità ad accedere «ad una serie di servizi di sostegno domiciliare, residenziale o di comunità, compresa l’assistenza personale necessaria per permettere loro di vivere all’interno della comunità e di inserirsi al suo interno e impedire che esse siano isolate o vittime di segregazione»2: dalla lettura di questo articolo emerge con chiarezza come il diritto alla vita indipendente sia strettamente connesso alla necessità che la persona con disabilità possa godere di inclusione nella vita sociale. Del resto, come già notato in dottrina, «non c’è indipendenza se non nella piena partecipazione alla vita della società con ugual potere di autodeterminazione rispetto agli altri»3. In altre parole, il diritto alla vita indipendente si configura come la naturale conseguenza dell’applicazione del principio di autodeterminazione. La sua attuazione consentirebbe, infatti, alle persone con disabilità la libertà di scelta in relazione a tutti gli aspetti della propria vita e il compimento in autonomia delle attività del quotidiano 4 .

2. Il legislatore italiano, anche prima della redazione della Convenzione ONU, aveva previsto alcune misure atte a garantire il diritto a condurre una vita indipendente da parte delle persone con disabilità, come prerequisito necessario per il godimento degli altri diritti fondamentali garantiti dalla nostra Costituzione. Già la legge n.162 del 19985 prevedeva programmi di aiuto per persone con handicap grave private del sostegno del nucleo familiare, da realizzarsi anche tramite la predisposizione di piani personalizzati volti al raggiungimento di specifici obiettivi di vita autonoma. Nella stessa prospettiva si è posto poi l’art. 14 della legge-quadro n. 328 del 2000 che, al fine del superamento delle condizioni di emarginazione ed esclusione sociale delle persone portatrici di handicap6, ha previsto la possibilità che le persone con disabilità richiedano ai propri Comuni, d’intesa con le ASL, la predisposizione dei progetti individuali7 con lo scopo di favorire e ottenere la piena integrazione scolastica8, lavorativa, sociale e familiare9. La stesura dei progetti individuali deve prevedere un piano di coordinamento degli interventi, che permetta di evitare sovrapposizioni e di adeguare gli interventi alle individuali esigenze della persona richiedente.

3. La stessa idea di riorganizzazione degli interventi e dei servizi, per la realizzazione di un progetto individualizzato di inserimento sociale, costituisce elemento essenziale delle sperimentazioni del cosiddetto “Budget di salute”, che rappresenta uno dei riferimenti essenziali anche del progetto L-INC. In termini generali, il Budget di salute può essere definito come «l’unità di misura delle risorse umane, professionali ed economiche necessarie a ridare a una persona con disabilità un funzionamento sociale accettabile, attraverso un progetto […] individualizzato, alla cui produzione partecipano il paziente stesso, la sua famiglia e la sua comunità»10.
Questo approccio ha trovato in Italia alcune forme di realizzazione, spesso molto diverse tra loro. Un primo progetto pilota venne realizzato nel 1998 dall’Azienda per i Servizi Sanitari n. 5 della “Bassa Friulana”, a seguito della chiusura dell’ospedale psichiatrico di Sottoselva in provincia di Udine. In quella circostanza, l’azienda bandì una gara d’appalto per individuare soggetti appartenenti al privato sociale che potessero concorrere alla realizzazione di progetti personalizzati che permettessero un miglioramento del funzionamento sociale dei pazienti usciti dal percorso di residenzialità. In altre parole, i Budget di salute friulani (anche definiti come budget di cura) miravano «alla riconversione delle risorse destinate, sino ad allora, al pagamento delle rette di ricovero per l’assistenza residenziale di utenti psichiatrici: per ciascuna persona dimessa dall’ospedale [veniva] immaginato un progetto personalizzato in cui le risorse economiche [venivano] – invece – interpretate e utilizzate come investimenti necessari per includere e reintegrare socialmente gli ex degenti»11.
Da allora si sono avute diverse altre significative sperimentazioni di Budget di salute, ad esempio in alcuni ambiti territoriali delle Regioni Emilia-Romagna, Piemonte, Campania. Discorso a parte merita il programma che la Regione Toscana ha di recente deliberato di attuare: si tratta di un percorso alquanto lungo e che dovrebbe concludersi all’inizio del 202012. Tale programma presenta davvero numerosi punti di contatto con il modello del progetto L-inc e dunque sarà interessante verificare come ad esso verrà dato concreta attuazione.

4. Oltre all’individuazione del progetto personalizzato, a partire da una valutazione multidimensionale dei bisogni della persona con disabilità, elementi comuni alla maggior parte di queste esperienze di Budget di salute sono la collaborazione tra pubblico e privato, sia quanto alla predisposizione delle risorse costituenti il budget, sia quanto alla definizione e alla realizzazione del progetto; l’obiettivo di non standardizzare gli interventi; la presenza di un case manager e il tentativo di predisporre forme di “contratto cornice” o di “regolamento contrattuale”.
Quanto ai contenuti essenziali dei progetti personalizzati, per lo più si trovano i seguenti elementi: l’indicazione delle esigenze e bisogni della persone con disabilità, gli obiettivi di vita da raggiungere, le azioni e le prestazioni necessarie al raggiungimento dei suddetti obiettivi e l’elenco delle risorse umane ed economiche messe a disposizione dalle diverse parti.
A tale nucleo di elementi comuni, si affiancano però significative differenze nelle concrete modalità attuative, determinate in parte dai diversi quadri normativi regionali di riferimento e in parte dal fatto che le sperimentazioni in questione sono state effettuate su territori e da enti tra loro non omogenei. In ogni caso, nelle sue linee essenziali, il ricorso ai Budget di salute può considerarsi manifestazione di un modello di welfare di tipo partecipato o collaborativo, ossia basato sulla confluenza delle risorse delle famiglie e delle comunità locali con quelle pubbliche13, ispirato al «concetto di responsabilità collettiva della presa in carico e in ossequio al principio di sussidiarietà orizzontale di cui all’art. 118, comma 4 della Costituzione»14. Ed infatti, che le famiglie delle persone con disabilità e i soggetti della società civile (come le associazioni di volontariato e gli enti del terzo settore) siano coinvolti tanto nella predisposizione, quanto nella realizzazione dei progetti individualizzati è coerente con quel principio di sussidiarietà che, tra le sue altre implicazioni, «postula un qualche intervento della società per “attenuare le sofferenze” dei cittadini»15 che, nel caso delle persone con disabilità, dipendono in parte anche dalla loro mancata adeguata inclusione nel tessuto sociale ove si svolge la loro quotidianità.

5. In tutte le sperimentazioni fino ad oggi realizzate, l’innovatività dei progetti si è però dovuta misurare con criticità di non poco conto.
In particolare, non pare completamente risolta la concreta possibilità di riconvertire e reindirizzare le risorse pubbliche destinate a determinati servizi di cui è titolare la persona con disabilità verso prestazioni almeno parzialmente diverse rispetto a quelle per cui tali risorse sono originariamente erogate. Con l’eccezione sopra illustrata dell’esperienza friulana, negli altri casi gli enti pubblici hanno di fatto stanziato risorse aggiuntive dedicate alla realizzazione del progetto di vita individuale. Sarà interessante verificare, a tal proposito, come il recentissimo percorso elaborato dalla Regione Toscana che, come abbiamo già detto, sembra sul punto pienamente aderente alla impostazione di L-inc, svilupperà la questione.
Analoghe criticità riguardano i profili di responsabilità che riguardano le persone e gli enti coinvolti nella collaborazione alla realizzazione dei progetti di vita (in questa prospettiva, si pone anche la delicatissima questione legata alla logica sottesa alla compartecipazione alle spese da parte delle famiglie e delle persone con disabilità) o, ancora, la necessità di assicurare che, nell’individuazione degli obiettivi progettuali e nel loro perseguimento, sia effettivamente rispettata la volontà della persone con disabilità.

6. All’esito del primo anno di ricerca, emerge dunque un quadro che, pur estremamente frammentato, evidenzia la presenza di alcuni tentativi di realizzazione di percorsi volti a garantire l’individualizzazione della presa in carico della persone con disabilità secondo il modello del Budget di salute.
È però molto complesso pervenire a valutazioni di carattere sistemico dei progetti fin qui realizzati almeno per due motivi: in primo luogo, perché mancano descrizioni degli esiti dei singoli percorsi che consentano di verificare se l’obiettivo perseguito della garanzia della vita indipendente sia stato, di volta in volta, garantito. In secondo luogo, perché ciascuno di questi percorsi presenta peculiarità proprie dello specifico modello utilizzato nei vari territori.
Quello che può però certamente evidenziarsi è che, comunque, percorsi imperniati sul progetto individuale e il budget di salute appaiono numericamente crescenti (o quanto meno, vi è una maggiore pubblicizzazione di tali percorsi) e che in essi i minimi comuni denominatori risiedano nella indispensabile personalizzazione degli interventi e nella collaborazione che deve venire assicurata tra il livello pubblico e quello privato.
Sebbene sia difficile, allo stato attuale, fare pronostici sulle concrete modalità con cui il modello progettuale alla base dei Budget di salute troverà attuazione in Italia nel prossimo futuro, va in quest’ultima prospettiva segnalato infatti che il “Secondo programma di azione biennale sulla promozione dei diritti e integrazione persone con disabilità”16 individua, tra gli interventi prioritari, la necessità di definire linee di indirizzo nazionali per l’attuazione dell’art. 19 della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità. Lo stesso vale per le “Linee guida per la presentazione di progetti in materia di vita indipendente ed inclusione nella società delle persone con disabilità 2017”17, emanate dalla Direzione Generale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ove si sottolinea l’urgenza di offrire delle risposte «all’esigenza di assicurare la piena applicazione delle disposizioni convenzionali e della legge nazionale in materia di vita indipendente, contribuendo al rafforzamento di interventi omogenei sui territori regionali. […] L’obiettivo generale rimane quello di proseguire nello sviluppo di un percorso condiviso di promozione della vita indipendente, lavorando sulla esigenza di omogeneità a livello nazionale, pur nel rispetto dell’autonomia organizzativo-programmatoria delle regioni».
Il medesimo documento ricorda a tal proposito che l’obiettivo principale in materia «è la definizione di linee d’indirizzo nazionali per l’applicazione dell’articolo 19 della Convenzione ONU, fissando i criteri guida per la concessione di contributi, per la programmazione degli interventi e servizi e la redazione dei progetti individualizzati». Appare dunque del tutto evidente, pur con tutte le difficoltà del caso, che il percorso di sperimentazione del Budget di Salute condotto da L-inc si collochi nella direzione indicata dai documenti di programmazione menzionati, volti ad una più piena attuazione dei diritti sanciti dalla Convezione ONU ed in particolare al diritto alla vita indipendente delle persone con disabilità.

 

1 Legge n. 18 del 3 marzo 2009

2 Così al punto b) dell’art. 19

3 Cfr. A. Negri, Affermazione dell’uguaglianza o valorizzazione delle differenze? Riflessioni sul diritto alla una vita indipendente e inclusione nella società delle persone con disabilità,
in O. Osio – P. Braibanti (cur.), Il diritto ai diritti. Riflessioni e approfondimenti a partire della Convenzione Onu dei diritti delle persone con disabilità, Franco Angeli, 2012, p. 139.

4 G. Arconzo, Il diritto alla vita indipendente delle persone con disabilità, in A. Morelli, L. Trucco (cur.), Diritti e autonomie territoriali, Torino, 2014, p. 270.

5 G. Arconzo, Il diritto alla vita indipendente delle persone con disabilità, in A. Morelli, L. Trucco (cur.), Diritti e autonomie territoriali, Torino, 2014, p. 270.

6 Ossia dei soggetti di cui all’art. 3 della legge n. 104 del 1992.

7 Cfr. Art. 14 comma 1, l. n. 328 del 2000

8 Per quanto concerne l’ambito scolastico, un tentativo di realizzazione di valutazione multidisciplinare strettamente connessa al progetto individuale si rinviene oggi nelle norme contenute nel d. lgs. n. 66 del 2017

9 Anche la cosiddetta legge n. 112 del 2016, sul cosiddetto “Dopo di noi”, e il relativo decreto di attuazione del 23 novembre 2016 confermano la centralità del progetto di vita personalizzato: cfr. G. Arconzo, La L. n. 112 del 2016: i diritti delle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare, in Il Corriere giuridico, 2017, 518

10 Così F. Starace, Manuale pratico per l’integrazione sociosanitaria. Il modello del Budget di salute, Carocci Faber, 2011, p. 47

11 Così R. Monteleone, Supporti all’individuazione e contrattualità: il caso dei budget di cura, in Id. (cur.), La contrattualizzazione nelle politiche sociali: forme ed effetti, Officina Edizioni, 2007, cap. 6, par. 2.

12 Il “Percorso di attuazione del modello regionale di presa in carico della persona con disabilità: il Progetto di vita”, è stato approvato dalla Giunta Regionale con delibera n. 1449 del 19 dicembre 2017 ed è stato pubblicato sul BURL n. 1 del 2018. Per la realizzazione del piano, la Giunta si è avvalsa della collaborazione degli enti territoriali competenti, delle associazioni a tutela delle p.c.d. e delle loro famiglie, nonché del documento conclusivo della Conferenza regionale sui diritti delle persone con disabilità che si è tenuta nell’ottobre 2017>⇑

13 Cfr. S. Pasquinelli, Il sociale dopo i servizi, in Prospettive sociali e sanitarie, n. 4/2016, p.1.

14 In questa prospettiva, in senso più generale, A. Candido, Disabilità e prospettive di riforma. Una lettura costituzionale, Giuffrè, 2017, p. 149.

15 S. Zamagni, Prefazione, in E. Vivaldi (cur.), Disabilità e sussidiarietà. Il “dopo di noi” tra regole e buone prassi, Il Mulino, 2012, p. 13.

16 Cfr. D.P.R. 12.10.2017, Capitolo 4, Linea d’intervento n. 2.

17 Cfr. il Decreto Direttoriale n. 808 del 29 dicembre 2017, Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

Condividi su facebook
Condividi su twitter
Condividi su whatsapp
Condividi su telegram
Condividi su email